NICCOLÒ BETTARINI: SAPEVANO CHI ERO E VOLEVANO UCCIDERMI

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NICCOLÒ BETTARINI PARLA A DISTANZA DI PARECCHI GIORNI DALL’AGGRESSIONE SUBITA FUORI DA UN LOCALE MILANESE, RILASCIANDO UNA DICHIARAZIONE CHE LASCIA SENZA PAROLE

Passata la paura e il rischio che le conseguenze fossero peggiori, per Niccolò Bettarini, figlio dell’ex calciatore Stefano e di Simona Ventura, è giunto il momento di parlare.

Le sue dichiarazioni rilasciate a La Gazzetta dello Sport sono pesantissime, ripercorrono quei terribili minuti che hanno caratterizzato il suo accoltellamento, con un’accusa diretta al suoi aggressori che non lascia dubbi.

<<Volevano uccidermi, ma lo rifarei ancora e ancora – racconta il giovane – Era ora di rientrare a casa, ma dall’altra parte della strada la mia migliore amica, Zoe, ha iniziato a chiamarmi, urlandomi che stavano picchiando il nostro amico Andrea. Tre ragazzi lo accerchiavano e così mi sono buttato su di loro per difenderlo. Da lì è iniziato il finimondo. È stato un istinto di protezione fortissimo che non avrei potuto reprimere>>.

<<Se c’è di mezzo un amico, darei la vita per i miei amici – continua Niccolò – e infatti stavo per perderla, la vita! Sono arrivati altri ragazzi, ci hanno aggredito, anzi ‘mi’ hanno aggredito: ero cosciente, ricordo tutti i particolari, ho sentito che mi avevano riconosciuto e che ‘volevano ammazzarmi’ perché sapevano chi fossi>>.

<<Erano dieci, ho tentato di difendermi e parare i loro colpi  – conclude – mi ricordo di essere caduto a terra a un certo punto Zoe si è buttata sopra di me per proteggermi da quella furia di violenza. Non si sono fermati, l’hanno riempita di calci: loro volevano la mia vita, mi era chiarissimo. Sono tutte persone che hanno un passato di crimini e risse>>.

Dopo questo atto di violenza si è scatenata una fortissima polemica sulle discoteche, il ruolo dei gestori, della sicurezza e, soprattutto, dell’orario. I locali tuttavia hanno una responsabilità limitata, anche se effettivamente dovrebbero saper riconoscere chi fare entrare e chi no, e soprattutto evitare che un cliente rischi il coma etilico.

ANDREA IANNUZZI

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