TG4: ALESSANDRO CECCHI PAONE RIVOLUZIONA IL NOTIZIARIO

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Il Tg4 ha cambiato rotta. Mario Giordano, che lo dirige dal 2014, in accordo con Mediaset, ha arruolato il giornalista e scrittore Alessandro Cecchi Paone come conduttore dell’edizione serale del telegiornale della quarta rete, che da lunedì scorso va in onda tutti i giorni alle 18.55. Una scelta molto importante, non solo perché dà al notiziario un volto autorevole e riconoscibile al grande pubblico, ma perché Cecchi Paone porta con se molte novità. A cominciare dalla durata del tiggì, che dalla canonica mezz’ora a cui sono abituati i telespettatori passerà in breve a raggiungere l’ora intera. Una vera innovazione che rivoluziona anche il modo di informare del Tg4: non solo comunicare una notizia, ma commentarla e spiegarla nel dettaglio. Cecchi Paone vanta un curriculum di tutto rispetto. Fra le tante cose, ha lavorato da giovane al Tg2, anche come corrispondente dall’America; ha tenuto a battesimo l’informazione delle reti private; ha scritto molti libri, finiti spesso al centro di polemiche e dibattiti in Tv per i temi non sempre popolari. Il suo nuovo incarico è un ritorno alle origini, come lui stesso ci spiega in questa intervista rilasciata a Mio, ma con lo stimolo di sperimentare una formula per il Tg completamente diversa da quella attuale che è certo il pubblico gradirà.

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Cosa significa per lei oggi diventare un volto del Tg4?

E’ un ritorno alle origini che mi piace molto, perché io ho fatto l’anchorman all’americana di telegiornali importanti come il Tg2, soprattutto nell’epoca in cui, all’inizio degli anni ’90, lo guardavano dieci milioni di telespettatori nell’edizione delle 13. Poi ho inventato i primi Tiggì del gruppo Mediaset, come per esempio “Dentro la notizia” su Rete 4 e “Studio Aperto” in piedi su Italia 1. Quindi tornare ad assumere questo ruolo che ha segnato l’inizio della mia carriera mi fa estremamente piacere, perché mi è stato chiesto non solo di rifare qualcosa che so già fare bene, ma di portarmi appresso le esperienze che ho maturato in particolare con “La Macchina del tempo” e “Appuntamento con la storia”. Dovrò fare un telegiornale nuovo che non solo dia le notizie ma le spieghi. 

Lei, come ci ha raccontato, aveva già condotto nel 1991 il Tg2. Che ricordi ha di quella esperienza?

Un ricordo bellissimo. Avevo appena 30 anni ma già parlavo a di milioni di persone. Poi mi fu data la fiducia e la possibilità di snocciolare e commentare in diretta i risultati di alcuni importanti referendum che si svolsero in quel periodo, nonché di condurre alcune importanti edizioni straordinarie del Tg. Quindi era un ruolo di punta e mi riempiva di responsabilità ma anche di orgoglio, considerando che ero già esperto ma pur sempre giovane. 

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Come mai Mario Giordano, che dirige il telegiornale dal 2014, oggi punta su di lei per l’edizione quotidiana più importante?

Il direttore Giordano in accordo con l’azienda ha fatto la valutazione che un telegiornale, nell’edizione principale, necessita di un volto di riferimento, di identificazione. In Italia non ci ha pensato ancora nessuno, né nella tv pubblica né privata. Gli appuntamenti con l’informazione sono notevolmente aumentati. Sono nati ben tre canali all news che lavorano 24 ore su 24 e c’è internet. Quindi bisogna assolutamente aiutare il telespettatore a orientarsi, anche scegliendo un nome e una faccia che siano elemento non solo di riconoscibilità ma anche di garanzia. Al momento c’è solo La7 con Mentana che fa questa cosa. In più c’è un rapporto di grande amicizia e di stima che mi legano a Mario, perché abbiamo lavorato insieme quando era direttore del Tgcom24, sempre di Mediaset, e quando era a capo del quotiamo Il Giornale. 

Qual è il motivo che l’ha spinta ad accettare questa proposta?

Io sono uno che ama innovare, sperimentare, lanciare nuove formule, rilanciare programmi che ne hanno bisogno. Fa parte della mia storia professionale, del mio carattere, della ricerca continua di nuovi stimoli. In questo caso non si tratta solo del rilancio di una testata storica della tv italiana, ma anche di promuovere un nuovo format sulla componente divulgativa, visto che questo telegiornale presto raggiungerà l’ora di durata. E’ un fatto nuovo, rivoluzionario, senza concorrenza.

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Continuerà le ospitate da opinionista in giro per i talk show?

Sicuramente si, ovviamente dando la priorità e la precedenza a questa iniziativa. Per i primi periodi sarò in onda sette giorni su sette al Tg4, in modo da fornire al pubblico il segnale del cambiamento. Poi dovremo rifare la scenografia e la grafica e, come già spiegato, aumentare progressivamente la durata. Fatto tutto ciò avrò sicuramente tempo di tornare a fare l’opinionista, ruolo che mi era stato affidato negli ultimi anni. 

Com’è cambiata l’informazione televisiva?

Innanzi tutto si è moltiplicata. Come dicevamo prima ci sono molte più testate, ci sono i canali all news. E poi c’è internet, che oggi è fondamentale perché i giovani si informano solo attraverso gli smartphone e i tablet. Non è un cambiamento da poco. Poi si è complicata molto la realtà, sia italiana che internazionale, nel bene e purtroppo come vediamo anche nel male. Questo richiede di non fare più a gara per dare le notizie per primi, perché quelle arrivano in tempo reale grazie ai canali tematici e al web. La gara va fatta tra chi le notizie le spiega meglio, tra chi fornisce i migliori contenuti dando le giuste interpretazioni a situazioni sempre più macchinose. Faccio un riferimento: la complessità non è soltanto nel perché di un servizio, ma anche nel fatto che entrano nelle case degli italiani luoghi, nomi, personaggi mi visti e mai sentiti prima. Chi sa esattamente dove sta Mossul (cittadina dell’Iraq ndr) e perché è così importante? Ma soprattuto chi conosce il motivo per cui i nostri soldati italiani andranno lì a rischiare la loro vita per difendere una diga? Non basta dire che questa cosa avviene, occorre far vedere e spiegare cos’è quella diga, come mai è così fondamentale e motivare il perché andremo a svolgere questo ruolo così lontano dall’Italia e pieno di rischi. 

E il web secondo lei è davvero il futuro o i mezzi di comunicazione più tradizionali resisteranno?

Tutto cambia e cambierà anche il web. La fortuna di nascere in questa stagione, e nelle future stagioni della comunicazione, è che ci sarà una moltiplicazione delle offerte e delle possibilità, dei contenuti e dei linguaggi. Com’era prevedibile la televisione è diventata simile a un’edicola. Nell’edicola c’è tutto e ognuno compra a seconda di quello che gli serve. Con la tv sarà la stessa cosa. Idem per l’informazione.

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Siamo in un periodo storico molto difficile. Il terrorismo è alle porte del nostro Paese. Cosa devono fare i giornalisti e cosa non devono fare in questa situazione?

Diciamo subito cosa non devono fare perché io sono uno di quelli che sostiene che l’informazione deve essere libera. Quello che non va fatto, per esempio, come è successo a Bruxells nei recenti attentati, è non dare segnali che possano essere utilizzati dai nemici della libertà per compiere i loro crimini. Probabilmente se la notizia dell’arresto di Salah Abdeslam (il terrorista che ha partecipato alla strage di Parigi lo scorso 13 novembre e arrestato di recente ndr) fosse stata tenuta segreta per un po’, non ci sarebbero stati gli attentati nella capitale belga. Ma a parte questo il giornalismo, faccio ancora un esempio, deve dare a tutti l’occasione di capire la differenza fra sunniti e sciiti, anche per permettere agli italiani di fare le proprie scelte di viaggio, di lavoro, di vacanza. Bisogna tenere conto di queste cose, altrimenti si rischia di muoversi completamente alla cieca. 

Lei ha avuto una carriera molto variegata, tra collaborazioni con prestigiosi quotidiani, programmi Tv culturali e di intrattenimento, libri, una vita politica intensa e molto altro ancora. Cosa pensa di aver imparato?

La mia carriera coincide sostanzialmente con la mia vita. Io ho 54 anni e ho cominciato a lavorare quando ne avevo 15. Praticamente appena finita l’adolescenza ho iniziato il mio percorso. Già questo non è un discorso da poco, quarant’anni di esperienza lavorativa e di vita che si incrociano  sono un elemento di riflessione molto importante. Innanzi tutto è positiva, perché è andata bene. E bene continua ad andare, come dimostra questa nuova opportunità che mi è stata offerta. Ho fatto più o meno quello che volevo, ed è un grandissimo risultato che io auguro a tutti. In più per dodici anni sono riuscito a realizzare un mio sogno, non solo professionale ma anche personale, che era “La Macchina del tempo”. Una grande soddisfazione me l’ha data il pubblico, che mi ha seguito numeroso in questa magica avventura, in cui si raccontava la scienza, la ricerca, la storia e la cultura.

C’è ancora qualcosa che manca alla sua biografia e che vorrebbe fare?

Intanto inventare un telegiornale della durata di un’ora e che mischia tutto quello che ho già spiegato, è una bellissima, nuova occasione. Poi in futuro mi piacerebbe raccontare agli italiani i posti lontani, ma che determinano la nostra vita quotidiana. Prendiamo in esame ciò che succede in India o in Cina; oggi sono terre fondamentali per la quotidianità italiana, dal punto di vista del lavoro, da quello dello stile, per i consumi e anche per la cultura. Di questi Paesi sappiamo ancora pochissimo, non ci sono molte sedi di corrispondenza. Quello che è stato fatto a esempio per l’America, e che anche io ho contribuito a fare per il Tg2 come corrispondente, sarebbe giusto che fosse improntato anche per queste nazioni da dove arriveranno tutti i segnali fondamentali che definiranno la nostra esistenza, come è capitato per gli Stati Uniti.

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La sua squadra di calcio come sta andando? Resterà Presidente?

Va benissimo, è la gioia della mia vita di questo ultimo periodo. Resterò Presidente, non li mollo, è diventata la mia seconda famiglia. Qualunque cosa decido di fare, la faccio sul serio e con grande amore. Questa era una squadra finita dopo settant’anni di vita e in un solo biennio sono riuscito a portarla a risultati grandiosi. Siamo nella categoria eccellenza e primi della squadra juniores. Meglio di così non poteva andare. E le ho dato anche molta visibilità che ha permesso alla formazione di diventare un fiore all’occhiello di sportività, di non violenza e di civiltà. 

ANDREA IANNUZZI

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