PAUL BELMONDO: IO E MIO PADRE JEAN-PAUL

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PAUL BELMONDORaccontare un padre in un film non è semplice. Se poi quel padre si chiama Jean-Paul Belmondo, 83 anni, una leggenda del cinema mondiale, è ancor più difficile. Eppure Paul, unico figlio maschio del celebre attore francese, che di anni ne ha 53, attore pure lui ed ex pilota di Formula 1, ci è riuscito. Tanto che il suo capolavoro, dal titolo “Belmondo par Belmondo” è stato premiato con un Awards al Montecarlo Film Festival. La pellicola è un diario di viaggio, dove Jean-Paul Belmondo viene mostrato  nelle tappe più importanti della sua carriera cinematografica, sui set di molti film che ha realizzato, in cui sono narrati aneddoti e curiosità che il pubblico non conosceva. Le location sono tante: Copacabana, Roma, Normandia e i tetti di Parigi, con le testimonianze di Jean Rochefort, Jean-Pierre Marielle, Charles Gérard e di un’altro mito  del cinema francese, Alain Delon, con cui Belmondo ebbe delle parole. Secondo Paul c’era la necessità di produrre questo film documentario, specialmente perché i fan dell’attore da tempo volevano notizie di suo padre, la cui ultima pubblica apparizione la si ricorda a un Cannes di cinque anni fa per una Palma D’Oro alla carriera.

Paul qual è stata la sua reazione quando, una volta terminate riprese e montaggio, ha visto il film per la prima volta?

Era un film difficile da realizzare. Soprattutto considerando che si trattava di mio padre. Non è facile concepire e produrre qualcosa che riguarda i propri genitori. Appena l’ho visto pronto ovviamente ero molto emozionato, ma anche felice che fosse piaciuto direttamente a lui. Per me è la cosa più importante. Poi mi sono sentito anche gratificato quando è uscito qui in Francia e il chi lo ha visto lo ha apprezzato perché vuol dire che il lavoro è stato fatto bene. Sono molto soddisfatto.PAUL BELMONDO

Girando tutti i luoghi in cui suo padre ha recitato, che effetto le ha fatto, ha provato immaginarsi in lui?

No mai, non ho provato proprio a immedesimarmici. Perché l’ho sempre considerato una persona normale. Non lo vedevo come Jean-Paul Belmondo, un attore straordinario, ma esclusivamente come la mia famiglia. Comunque è vero che ho avuto la fortuna di andare su tutti i set e per questo lui mi ha aiutato molto, raccontandomi storie e aneddoti che hanno riguardato i suoi film. 

E di questi aneddoti quale le è rimasto più impresso?

Quando sono andato nelle location in Messico dove venne girato “Le magnifique”, una commedia in cui mio padre ha recitato accanto a Jacqueline Bisset per la regia del grande Philippe De Broca. Ci siamo divertiti come pazzi, ed è stato davvero molto bello. Anche perché quando è stato realizzato questo film lui compiva 40 anni e io 10. Per cui c’era anche un ricordo più personale. 

Cosa pensa di avere di suo padre?

Non saprei. Lui mi ha insegnato a lavorare bene e sodo e in primis che, al di là del nostro nome, siamo come tutti gli altri. L’umiltà è un valore fondamentale e io credo che il suo sia stato per me un grande insegnamento.

Vincere un premio qui al Montecarlo Film Festival è un bel traguardo. Perché pensa che la giuria abbia deciso di attribuirglielo?

Io sono contento per lui. Anche se il premio l’ho ritirato io e io ho girato il film, per me l’Awards è di Jean-Paul Belmondo. E’ un po’ come un riconoscimento alla sua carriera. 

PAUL BELMONDO

Vivere accanto a un uomo così leggendario fin da bambini è stato difficile?

Lui come si può immaginare era un uomo impegnatissimo che lavorava parecchio. Per cui erano le vacanze, che spesso passavamo proprio qui a Montecarlo, il momento adatto per riuscire a stare insieme. E devo dire che se si era in vacanza, lontani dai riflettori, tutto il suo tempo era dedicato a noi bambini e alla famiglia. Considerate che smesse le vesti di artista era un uomo come tutti gli altri, che conduceva la vita che fatto tutti. Poi certo la fama e il benessere ci ha messo in condizioni di fare una bella vita, ma se lui poteva rimaneva con noi. Rispettavamo anche i rituali delle domeniche, magari con i parenti. 

Però è pur vero che chiamarsi Belmondo anche da grandi ha un peso, specialmente se si persegue un po’ le orme del padre come hai fatto lei…

Per me è sempre un piacere. Ribadisco sono fortunato a chiamarmi con il suo nome. Poi la mia è una famiglia di artisti. Da mio nonno che era uno scultore (che si chiamava come lui, Paul ndr), a mio padre e così via. Non ho mai avuto problemi a portare il cognome Belmondo, né da ragazzino né tantomeno oggi che sono un po’ cresciuto e faccio questo mestiere. La vita che ho fatto mi ha permesso di comprendere molti valori, indipendentemente da chi sono io e da come mi chiamo. 

Dopo questo premio importante che farà?

Oltre a essere un regista sono anche un attore, e sono in teatro con uno spettacolo itinerante. Sono molto contento di quello che sto facendo.

Lei hai una moglie che si chiama Luana ed è romana. Oltre alla sua consorte cosa la lega all’Italia?

Mia moglie si è italiana ed è di Roma. Attualmente lavora qui in Francia in Tv come cuoca in un cooking show. Beh a me piace molto Cefalù in Sicilia perché la ci stanno i miei parenti. Considerate che noi siamo molto legati al vostro Paese, i nostri cugini, i nonni, sono di lì, abbiamo radici sia piemontesi che siciliane. E adoro la vostra cucina, a cominciare dalla pasta ai peperoni che mia moglie ogni tanto mi prepara.

PAUL BELMONDO

Ha tre figli giusto?

Si, tre maschi e si chiamano Alessandro, Victor e Giacomo. Io con loro sono un padre mansueto, diciamo che il vero polso ce l’ha mia moglie. Viviamo tutti a Parigi.

A proposito di Parigi, com’è cambiata la vostra vita dopo gli attentati del novembre scorso?

Cerchiamo di vivere normalmente facendo le stesse cose che facevamo prima. Usciamo, andiamo a fare la spesa, andiamo nei locali. Meno male che i parigini continuano ad andare anche a teatro, nei cinema, nei caffè e questo credo sia un messaggio importante per tutto il mondo. Non ci si può e non ci si deve arrendere al terrorismo.

Però anche la politica ci deve mettere del suo…

Non so cosa possa fare la politica. Quello che intanto non si deve fare è puntare il dito sulla loro religione. Ci deve essere del rispetto. Che uno sia musulmano, cristiano, ortodosso. Ci dobbiamo accettare e confrontare tutti. Le soluzioni io come Paul Belmondo non le conosco, ma occorre trovare un metodo per portare il mondo alla pace. 

Andrea Iannuzzi

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