JAVIER ZANETTI: PER UNA SOCIETA’ MIGLIORE OCCORRE AIUTARE I GIOVANI

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Javier Zanetti premiato con la Fionda di Legno 2016 

Sandro Pertini diceva: “I giovani non hanno bisogno di parole, ma hanno bisogno di esempi“. Sta in questo autorevole concetto la motivazione per cui ad Albenga (SV) l’ex capitano dell’Inter, oggi vicepresidente della squadra, Javier Zanetti è stato insignito della Fionda di Legno 2016, un premio che ha un significato importante, ideato dai Fieui di Caruggi.

Javier Zanetti

Non si tirano fiondate solo in senso negativo, spesso lo si fa anche per difesa. E questo va considerato – a detta degli organizzatori – un grande esempio per tutti. Specialmente per la società giovanile di oggi che non si riconosce in alcuni valori essenziali della vita.

Che effetto le ha fatto ricevere questa Fionda di Legno?

E’ un enorme piacere poter ricevere questo premio, soprattutto per la motivazione. Sono fiero e orgoglioso di essere qui per poterlo ritirare e ringrazio davvero tutta la città di Albenga, l’organizzazione e l’Inter Club per l’accoglienza e l’entusiasmo con cui sono stato accolto. Io da bambino in Argentina ci giocavo con le fionde, le facevo io con mio padre. Per cui ci sarà certamente un posto di tutto rispetto nel mio museo.

Javier Zanetti

Come ha vissuto la sua infanzia?

La mia infanzia è stata per me molto importante che ripenso sempre con affetto. Mi ricordo i miei amici, il campetto di terra battuta in cui giocavo. Ma soprattutto per quello che i miei genitori mi hanno trasmesso. Mio papà faceva il muratore, mia madre invece la casalinga. L’educazione che hanno saputo insegnarmi mi accompagna da quando abitavamo in un piccolo quartiere in Argentina. E ne ho fatto tesoro anche quando sono arrivato in Italia. Non è stato semplice il cambiamento, io ero molto giovane quando io e la mia famiglia ci siamo trasferiti in una città grande come Milano. E se oggi sono qui devo ringraziare voi italiani, che fin dall’inizio della mia attività calcistica in una grande formazione qual è l’Inter, mi avete accolto come un vostro connazionale in più. Non dimentico le mie origini, ma mi sento italiano.

Lei da giovanissimo ha anche fatto il lattaio…

Dalle 4 alle 8 del mattino portavo il latte, poi dopo andavo a scuola e nel pomeriggio mi allenavo. Erano momenti duri per il nostro Paese, i soldi in casa mia non bastavano. Tutti dovevamo fare dei sacrifici, come li facevano i miei genitori per non farci mancare nulla. Li ringrazierò per tutta la vita. Io credo che il momento più bello per me è stato quando ho firmato il mio primo contratto in serie A e ho potuto dire a loro di non lavorare più.

Javier Zanetti

Quel campetto di terra battuta è stato un po’ come il suo esordio…

Tutti i nostri vicini di casa all’epoca si erano dati da fare per realizzare questo campetto, per regalarci la possibilità di giocare. Era molto piccolo, ma per me è come fosse stato San Siro. Da lì sono nato, fiero e orgoglioso del mio quartiere, della mia madre patria e della mia famiglia. I primi tre anni che ho trascorso in Italia, ho avuto loro al mio fianco ed è stata la cosa più bella per me.

E’ stato suo padre che l’ha spronata a non mollare per la delusione ricevuta circa l’esclusione, dopo sette anni di attività calcistica, dalla sua squadra del cuore, l’Indipendiente…

Quando io sognavo da bambino di diventare calciatore, tifato per questa magica squadra. Quando l’Indipendiente, dopo sette anni che giocavo nelle sue file, mi ha scartato ho capito molte cose. Ero triste e deluso perché era la mia squadra del cuore, per cui provavo una profonda amarezza a sapermi escluso. Ho iniziato ad aiutare mio padre sul lavoro e li ho capito veramente come lui si spendesse in fatica per aiutare la famiglia. Si alzava alle 5 del mattino e tornava per cena, che ci fosse sole, pioggia, vento era lo stesso. Un giorno, durante una pausa, stavo picchiando un muro e lui mi chiese cosa io volessi fare da grande. Gli ho risposto che volevo giocare a calcio. Lui ha continuato dicendomi perché non tentassi ancora, e non cercassi un’altra opportunità. Io l’ho ascoltato ma ho continuato a picchiare il muro. Le sue parole mi sono rimaste nella mente e ne ho fatto tesoro.

Javier Zanetti

La sua storia damore è un po come fiaba…

Con Paula è stata una fiondata d’amore. Io ricordo che dopo due anni che stavamo assieme diceva a suo padre che io ero il suo miglior amico. Paula è per me una persona importante e fondamentale, mi ha regalato tre bambini. Ci siamo conosciuti che eravamo piccoli per cui siamo cresciuti praticamente insieme. Lei dopo la fine della scuola è venuta qui in Italia e ci siamo sposati, continuando così questa bellissima storia che da sempre ci tiene uniti. Siamo una bellissima famiglia e la cosa che ritengo giusta, ora che sono padre, è quella di poter trasmettere ai miei figli quei valori e quell’educazione che ho avuto io da bambino. E spero che possano percorrere lo stesso cammino che ho percorso io.

La sua avventura all’inter è cominciata con un fax…

Non avevamo telefono a casa mia, per cui ci appoggiavamo alla vicina che invece lo aveva. Io ricordo che ero in una tournée con la Nazionale in Sudafrica e Passarella, che è un altro ex interista, mi chiama in camera sua per dirmi che è arrivato un fax con la convocazione nella squadra neroazzurra. Immaginate la mia emozione, non capivo niente. Per cui sono corso immediatamente in camera mia a chiamare Paula che era a casa per chiederle di accendere la Tv e di guardare il telegiornale per verificare che questa cosa fosse vera. Era vera. Ho chiamato subito i miei genitori, per noi è stato un momento felice ma anche di tanta paura perché non potevamo sapere cosa ci fosse a così tanti chilometri di distanza. Per esempio mia madre e mio padre non avevano mai preso un aereo, io una volta sola. E’ nata così la mia avventura all’Inter, ed è durata più di vent’anni.

Javier Zanetti

Lei da piccolo veniva chiamato ombra di filo di ferro. Come mai?

Mi chiamavano così perché ero magrolino, mangiavo tantissimo ma non ingrassavo. Tutt’ora è così per me ed è stato sicuramente un bene.

La fondazione Pupi porta il soprannome

E’ nata nel 2001 in un periodo per noi Argentini molto difficile. Insieme a Paula ho capito che dovevano fare qualcosa per i bambini, per il futuro di questi ragazzi che non era semplice. Noi avevamo avuto la possibilità di studiare, di avere un piatto caldo da mangiare. Volevamo trasmettere a questi piccoli un messaggio positivo, dar loro un aiuto concreto. Quando siamo partiti con la Fondazione, seguivamo 34 bimbi. Oggi ne seguiamo più 200 e con il sostegno che siamo anche alle famiglie si superano le 1000 persone. Sono fiero di essermi preso questa responsabilità allora e di continuare a portala avanti. Se vogliamo che l’Argentina diventi un Paese migliore occorre considerare che i ragazzi sono il futuro, quindi dobbiamo lavorare molto su questo. Non serve solfato staccare un assegno, l’educazione, a volte anche un abbraccio, per i nostri giovani sono gesti che aiutano a crescere e a crescere bene.

Andrea Iannuzzi

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