
Il direttore di Novella 2000 Roberto Alessi racconta il proprio dolore per la morte di Silvio Berlusconi.
I giorni di lutto per Alessi, il direttore di Novella 2000.
“Silvio Mi diceva che il cuore viene prima, e che senza cuore non si va da nessuna parte”.
Sono reduce da due giorni di lutto per la morte di Silvio Berlusconi. Non pensavo di rimanere così coinvolto, sono stremato, gli occhi un po’ provati dalle lacrime, perché la commozione è stata tanta al punto che una collega mi ha allungato perfino un fazzoletto.
Ho sempre avuto una profonda ammirazione per lui, di certo non ne ero abbagliato. Mia moglie Betta Guerreri a differenza non solo lo amava, ma rivedeva in lui suo padre Arnaldo.
La sua voglia di vivere, l’allegria a volte fuori luogo, ma sincera, il suo narcisismo magari sfrontato, ma che si realizzava e si compiaceva nel vedere gli altri felici.
E così, senza nemmeno chiedere, siamo stati invitati attraverso l’agente Paolo Chiparo, che era amico di Silvio, ad andare ad Arcore, nulla di clamoroso, giusto per portare un fiore, una preghiera, con Massimo Boldi.
E ad Arcore c’è stato un momento davvero speciale, ben lontano da clamori, flash, e, nonostante fossimo nel piazzale di Villa San Martino, ho avuto la sensazione di un lutto da paese.
Piersilvio che s’affaccia dalla porta a vetri di casa perché tra poco arriva Giorgia Meloni. Il pensionato che porta un fiore come noi e ci fa strada tra gentilissimi agenti della Protezione Civile.
Arcore è un paese, buone conoscenze, certo il caro estinto è l’uomo più famoso del paese, forse anche il più famoso e amato del Paese Italia.
Mi vengono alla mente antichi ricordi.
Il mio primo incontro con Silvio? Fu a Milano, in via Rovani, la villa con giardino che aveva comprato con i primi soldi,
per sottolineare il suo ingresso tra l’alta borghesia meneghina.
Io ero un giovane giornalista, forse anche un po’ imbranato, ma nonostante questo ero stato invitato a partecipare.
Era per la festa, del primo anno di Canale 5. Fu lui a tagliare la torta e a porgermi il piattino da dessert con la fetta e la posata, come fa un qualsiasi padrone di casa.
È un episodio banale, ma che dice tutto sul Silvio Berlusconi privato, un uomo che aveva un’empatia tale, da farti sentire unico.
La sua empatia negli anni non è mai cambiata e trametteva in chi si relazionava con lui la sensazione di essere unici e forse era davvero così.
Per il funerale solenne, il funerale di Stato con il Presidente Sergio Mattarella. Mi siedo con Paolo Chiparo, onnipresente,
si siede con noi Ezio Greggio.
Guardiamo i televisori che trasmettono le immagini da Arcore, con le riprese dell’elicottero, fanno vedere il feretro sull’auto nel suo viaggio verso il Duomo.
Quelle immagini, apparentemente così banali, sono forse quelle di maggior impatto su di me: Silvio è lì dentro, solo, inerme, ci ha lasciati, è il suo ultimo viaggio.
Piango, un pianto calmo, senza singhiozzi, un pianto forse dettato dalla miseria della condizione umana che vedo in quegli schermi.
La vita di Silvio è stata divisa in due: il lavoro e la politica, il Duomo s’è adattato.
Il Duomo era stato diviso in due: A destra, la famiglia con tutta Mediaset, nessun giornalista che non sia del gruppo, gli amici, i cinque figli, le nuore, e i suoi diciasette nipoti.
A sinistra i parlamentari, politici, sindaci, compreso il presidente Mattarella.
Ma chi è arrivato davvero al cuore di tutti sono stati gli applausi e gli slogan che arrivavano dalla piazza. «Un presidente, c’è solo un presidente»,
urlavano i tifosi del Milan e del Monza.
Concludo con un’ultima osservazione sui suoi figli:
In molte famiglie di grande nome, è tradizione che i genitori cerchino di indirizzare i figli a legarsi con nomi illustri, titolo nobiliare e soprattutto denaro.
I giovani Berlusconi invece, hanno seguito sempre e solo il cuore.
«Il cuore viene prima, senza cuore non si va da nessuna parte». Mi disse una volta e questo rimane il mio primo pensiero in ogni scelta di vita.
Grazie, Presidente. Suo Roberto Alessi
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A cura della redazione
Una vita piena di bollicine a tutti!