GIACOBBE FRAGOMENI: LA MIA VERA ISOLA E’ LA FAMIGLIA

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Ha saputo prendere a pugni non solo i suoi avversari sul ring, ma anche i problemi nella vita. Giacobbe Fragomeni, 46 anni, è un vero campione del pugilato, ma per tutti oggi è il vincitore assoluto e più meritevole dell’ultima edizione de “L’Isola dei Famosi”. Si è spogliato nudo, cominciando la sua avventura honduregna alla Isla Desnuda, ma si è poi messo ancora più a nudo raccontando il suo drammatico passato fatto di violenza, droga e di rinascita. Oggi è un padre modello e affettuoso con i suoi figli, Letizia Maria, 11 anni e Giacobbe Junior, 2, e un marito perfetto per sua moglie Sara Rossetti, 33.

Giacobbe Fragomeni

Quale significato ha questa vittoria?

Non essendo io un personaggio televisivo, e non conoscendo bene le dinamiche di programmi come questo, arrivare fino alla fine e trionfare è stata una vera sorpresa. Ho iniziato a crederci quando sono andato al televoto contro Marco Carta e mi sono salvato. Per me, che ero sempre “dietro le quinte” rispetto agli altri naufraghi, e mi esponevo di meno, ha significato molto.

Cos’ha visto in lei il pubblico?

Una persona esattamente come loro. Normale, sincera, pulita e senza maschere. 

Pur avendo un carattere schivo?

Ma non sono schivo, solo che mi ritengo distante da certe logiche che invece c’erano sull’Isola, tipo: prima siamo amici e poi non lo siamo più. Queste cose le fanno i bambini. Io sono un uomo, un padre di famiglia, e mettermi a creare simili sotterfugi non fa parte del mio modo di essere.

C’è mai stato un momento in cui ha detto: lascio tutto e me ne vado?

Sì, è successo durante la seconda notte che ho trascorso a Isla Desnuda. Ho avuto un attimo di crisi e mi domandavo cosa ci stavo a fare su quell’Isola, nudo, nella sabbia, con gli insetti che mi mordevano e mi devastavano il corpo. Volevo andarmene, poi però sono riuscito a vincere quel momento di ansia e sono rimasto in gioco.

Giacobbe Fragomeni

Qual è la prima cosa che vi siete detti lei e sua moglie Sara dopo la vittoria?

“La lontananza sai è come il vento”, riprendendo un verso storico di una canzone di Modugno. E’ vero, questa lontananza ha rafforzato e confermato l’amore che ho per lei, perché mi è mancata tanto. L’unica cosa che ho sofferto sull’Isola è stata proprio la mancanza di mia moglie e dei miei figli. Le ho detto subito: ti amo più di ogni altra cosa al mondo.

Lei hai vissuto ai bordi di periferia, che vita era?

Volete sapere una cosa che mi succedeva sull’Isola: ogni volta che usciva un naufrago a cui ero legato, vivevo lo stesso senso dell’abbandono che provavo da piccolo. Siccome in collegio i miei genitori non venivano mai a prendermi, quando arrivavano quelli dei miei compagni e se li portavano via sentivo un gran vuoto. Poi ricordo le botte, le ambulanze, la polizia. Sono cose, queste, che non dimentichi mai. Oggi ci penso di meno, la mia vita è cambiata, sono un marito, un papà, e mi concentro sul futuro mio e della mia famiglia.

Il rapporto con suo padre è stato segnato dalle violenze, crede comunque che le abbia insegnato qualcosa?

Giacobbe FragomeniHo imparato a non maltrattare le persone o le donne, perché la violenza verso i più deboli mi infastidisce e la combatto. Con lui non parlavo, non avevamo un dialogo. L’unica cosa che faceva, era versarmi a tavola un bicchiere di vino. Logicamente io ero piccolino e non avevo idea di cosa volesse dire essere alcolizzati, e soprattutto che lui era un alcolizzato. Così ne bevevo anche due o tre bicchieri e alla fine mi ubriacavo più io di lui. Mio padre non mi ha insegnato niente, ero sempre alla ricerca di qualcuno che riuscisse a darmi quell’affetto che non è stato capace di darmi lui.

Nel suo passato ha conosciuto anche la droga. Che ricordi ha di quei momenti?

Quando si è giovani è facile fumare delle canne, arrivando spesso a fare uso di cocaina per sentirsi dei fenomeni con gli amici. Io lo facevo per togliermi i mostri che avevo in testa, perché ero terrorizzato da mio padre e non volevo pensare a lui. Diciamo che all’inizio le droghe le usavo come “medicina”. Poi con il passare del tempo ci ho preso gusto fino a quando sono arrivato all’eroina, che in un certo senso è stata come una terapia.

L’eroina una terapia?

Quando sei bambino dovresti pensare a giocare al pallone, a divertirti con gli amici e invece io ero un bambino ansioso, pieno di timori. Per cui quando ho cominciato a usare l’eroina, dopo aver provato quasi tutte le droghe, mi sono reso conto che era come assumere uno psicofarmaco, un ansiolitico, mi faceva stare bene, tranquillo. Poi però l’utilizzo di questa sostanza ti porta praticamente ad ammazzarti. Ho anche pensato al suicidio.

Giacobbe Fragomeni

Cosa l’ha salvata?

Ero arrivato a un punto in cui quel tipo di condizione che vivevo non lo tolleravo più, perché vedevo mia madre star male, sia per le botte di mio padre, sia per aver perso una figlia, e non volevo soffrisse anche per me. Con la mia sola forza di volontà sono riuscito a riemergere. Mi ero ripromesso che se avessi trovato un lavoro, avrei smesso di drogarmi, perfino di fumare. Così è stato. Ho cominciato a lavorare, e con i primi soldi mi sono iscritto in palestra, dove ho perso peso e dove mi sono appassionato al pugilato.

Sua sorella Letizia è morta per overdose. La pensa spesso?

Mia sorella si chiamava Maria Letizia, e mia figlia si chiama Letizia Maria, con questo ho detto tutto. Lei non ce l’ha fatta perché è stata più debole. Io mi ripeto sempre che se fossi nato primogenito, e non come terzo figlio, sarei riuscito a salvare la mia famiglia intera.

Poi la boxe l’ha aiutata a risalire la china e a diventare un numero uno…

Certamente, mi ha fatto piacere, ma sono sempre rimasto con i piedi per terra. La boxe mi ha aiutato ad arrivare a livelli altissimi, è uno sport che mi piaceva da morire e dal quale, grazie al pubblico e agli appassionati, ho avuto grandi soddisfazioni.

Giacobbe FragomeniHa scritto un libro, intitolato “Fino all’ultimo round” che oggi è in fase di ristampa. Di cosa parla?

Parla della mia vita, di quello che ho vissuto. Sentivo l’esigenza di scriverlo, per me significava togliermi un peso. Perché “fino all’ultimo round”? Perché tutti noi siamo dei guerrieri e dobbiamo combattere senza mai arrenderci fino a quando avremo fiato in corpo.

Parte della vincita dell’Isola la devolverà a due ospedali pediatrici. Come mai questa scelta?

Attraverso mia moglie che lavora in ospedale, ho potuto visitarne uno dove sono ricoverati dei bambini. Mi sono commosso nel vedere la loro sofferenza, ma vissuta con il sorriso sulle labbra. Per questo ho deciso di fare le donazioni, la prima a un nosocomio pediatrico di Milano e la seconda a uno di Parma, visto che abito anche in questa località emiliana e conosco bene il territorio.

A novembre tornerà sul ring. Che pugile sarà nel futuro Giacobbe Fragomeni?

Intanto vediamo come va questo rientro, cercherò di raggiungere qualche titolo. Ho anche la mia età, però finché non ci sbatto la testa e capisco che devo smettere, continuo. Magari questa è la volta buona che appendo al chiodo i guantoni.

Andrea Iannuzzi

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