CRISTINA D’AVENA: CHIAMATEMI LICIA

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INTERVISTA A CRISTINA D’AVENA

cristina d'avenaSi sente un po’ Licia, esattamente come la protagonista del celebre cartone animato a cui ha dato sia la voce per la sigla, che il suo volto per un telefilm. Cristina D’Avena, 52 anni, è un personaggio unico nel suo genere. Nata artisticamente allo Zecchino D’Oro quando era piccina, con “Il Valzer del Moscerino”, si è trasformata in un’icona degli anni ’80 e come tale ha attraversato molte generazioni per via delle sue canzoni che hanno fatto da colonna sonora ai più bei cartoons rimasti nella storia. E ancora oggi Cristina incide inediti, gira per tutta l’Italia, accompagnata spesso dai Gem Boy (un gruppo rock demenziale italiano), per riproporre a un pubblico sempre numerosissimo i suoi successi. Durante l’ultimo Festival di Sanremo è stata invitata come super ospite, grazie a un coro plebiscitario sul web che ne ha chiesto la partecipazione. Della sua vita privata, di cui non ama parlare, si sa poco. Ha un compagno, Massimo, e vive ancora in famiglia. In questa intervista però ci confida di aver pensato anche alla maternità, ci racconta che mamma sarebbe e sul suo futuro professionale dice: mi piacerebbe recitare in una fiction o fare un musical.

Cristina tu sei una vera icona e la tua voce, il tuo personaggio sono impermeabili al tempo che passa. Qual è il segreto che ti ha permesso di accompagnare per mano molte generazioni?

Io sono una persona estremamente semplice. Una persona che si rende conto di essere Cristina D’Avena ma che continua a essere Cristina. Con il mio pubblico ho instaurato un rapporto prima di tutto amichevole, io mi sento molto vicina a loro perché mi accompagnano da quando ero piccola. Poi è normale che ci sia Cristina D’Avena (intesa come artista ndr), perché io canto, faccio concerti e ovviamente  chi mi segue, mi ama per tutte le sigle dei cartoni animati che hanno fatto parte dell’infanzia di ognuno di loro e continuano a farne parte anche adesso. Questo lo dico perché mi esibisco anche in tantissime serate in discoteca e non me lo sarei mai aspettato. In quelle occasioni porto in scena la maggior parte dei miei pezzi, da “Occhi di Gatto”, a “Jem”, a “Kiss me Licia”, a “Mila e Shiro” e tutti impazziscono e si divertono come matti. Questo è fondamentale perché mi fa capire che la mia musica è veramente arrivata al cuore di tutti loro.

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Di tutte le sigle che hai cantato a quale sei più legata, in cui ti rispecchi di più e che ti piace cantare sempre?

Quella che amo di più è “Kiss me Licia” perché intanto è una delle prime che ho inciso e poi perché io ho calzato i panni di Licia in carne e ossa. Noi (sulle reti Fininvest, oggi Mediaset ndr) siamo stati i primi in Italia a realizzare e produrre interamente un telefilm e io ero la protagonista del mitico cartone animato. E non nego che un po’ Licia mi sento. 

Poi dopo Licia hai interpretato un’altra serie dal titolo “Arriva Cristina”…

Si, in quel caso la trama era la mia vita, in cui si trattava la famiglia, l’Università. Però Licia è comunque un personaggio che io amo. Per la sua semplicità, per la sua dolcezza, per la sua storia meravigliosa con il cantante rock (Mirko dei Bi-Hive ndr), con un papà geloso. Pure io ho avuto un padre così. Per cui come ho già detto un po’ Licia mi sento, anche perché ho interpretato questo ruolo da giovanissima e alcuni anni della mia vita me li sono trascorsi con lei.

Sei unica nel tuo genere, non c’è mai stato un altro artista capace di sostituirti o di creare un’alternativa. Come mai secondo te?

Sinceramente non lo so. Ho fatto la mia strada e il mio percorso in maniera estremamente naturale per come sono io. Per cui non saprei.

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Sanremo quest’anno ti ha celebrato come super ospite. Te lo saresti mai aspettato?

No, non me lo sarei mai aspettato. E vi confesso che mi sono anche molto emozionata quando è arrivata la telefonata di convocazione, io non ci credevo. Sono giunta a Sanremo con il cuore a 1000. Per me era un palco importantissimo perché ci arrivavo con la mia musica. E vedere tutto il pubblico che cantava con me è stato straordinario.

C’è stato però un momento in cui avevi tentato di virare su un genere più aggressivo rispetto al tuo, come il rock. Perché non hai portato avanti questa metamorfosi artistica?

Non è proprio così. Sono spesso in tour con i Gem Boy che cantano le sigle dei cartoni animate trasformandole in parodie. Io li ho conosciuti ai loro esordi quando scrissero “Ammazza Cristina” e non nego che ci ero rimasta abbastanza male, perché dicevano: “tagliatele le corde vocali”, quindi immaginate come potessi essere felice. Quando ci siamo incontrati è stato amore a prima vista e abbiamo iniziato a lavorare insieme. Ho voluto portare in scena i miei brani riarrangiati in versione rock. Perché le mie canzoni, quelle che si prestano ovviamente, a cominciare da “Jem”, sono adattabilissime a questo genere. E mi sono divertita moltissimo a cantare le sigle, senza snaturale, cambiando e arricchendo l’arrangiamento e dandolo loro una veste diversa. Il pubblico, che è sempre numerosissimo ai miei live, ha gradito per cui noi, quando possiamo, diamo a qualche pezzo una schitarrata. Mi piace sottolineare che comunque la musica è musica e quindi la si esprime, la si suona, a prescindere che si tratti di una sigla o di uno stile diverso, perché la si compone con la stessa stesura di una canzone normale.

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Tu non ami molto parlare della tua vita privata. Ma Cristina D’Avena, smesse le spoglie di cantante, da quando è divenuta celebre a oggi come ha vissuto?

Da persona normale e semplice quale io sono. Ho sempre fatto le stesse cose, mi piace frequentare gli stessi amici, quelli storici, perché io sono cresciuta con loro. Anche se poi andavo, e vado, a Milano, o sono spesso in giro e comunque faccio il mestiere di cantante, i miei amici sono i miei amici e li ho continuamente con me. Poi è normale, conosci gente nuova, e anche questo mi piace perché sono una ragazza curiosa, o ti capitano situazioni diverse. Però amo sempre avere i miei punti di riferimento perché per me è importante. 

A Sanremo hai dichiarato di avere un compagno. Non hai mai pensato a una famiglia tutta tua?

Si, ho pensato a una famiglia tutta mia, ho pensato ad avere figli. Però, ci ho pensato. Mi spiego meglio. Io faccio un mestiere splendido e sono io in primis a essere dentro il mio lavoro. Perché canto, perché faccio tante cose, tante tournée. Sono sul pezzo, per usare un termine comprensibile. Sto sempre attenta a quello che devo fare e mi piacciono le cose nuove, adoro stare continuamente all’avanguardia. Facendo così è normale che alcuni pezzi di vita te li perdi per strada. Nel senso che dal momento in cui ti concentri su quello che fai, perché ti piace moltissimo e lo vuoi perfezionare, ci dedichi tempo.  Purtroppo poi il tempo, come sappiamo, è tiranno, va avanti, non si ferma e a un certo punto quando poi ti fermi tu ti accorgi forse di essere andata troppo lunga. Adesso in questo momento faccio delle considerazioni abbastanza personali e vedo. Se Dio me li darà, me li darà.

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E che mamma sarebbe Cristina D’Avena?

Sono una persona estremamente apprensiva e invidio chi in realtà non la è. Sarei molto coccolosa, una mamma credo e spero moderna perché mi piace il dialogo, per cui non sarei all’antica. Però dovrei fare a botte con il mio carattere, io sono così anche con il cane. Purtroppo poverino non c’è più, ma io non lo lasciavo a nessuno, se non lo vedevo mi veniva l’ansia. Certamente con un figlio le cose cambierebbero, e io stessa dovrei cambiare, perché essere tanto ansiosa non andrebbe bene. Però se me lo chiedete oggi, non potrei che rispondere così: sarei una mamma apprensiva.

Secondo te i bambini sognano ancora?

Io me lo auguro, che sappiano sognare. E’ così tutto veloce, la società è talmente ricca di cose materiali che il sogno, tutto quello che non si tocca ma in realtà dobbiamo immaginare, non c’è, non c’è più. E io spero che i bimbi riescano a sognare, a raccontare, a raccontarsi anche senza toccare niente ma solo con la fantasia. Bisogna far capire loro di essere bambini e bisogna trattarli come tali, non da adulti, altrimenti c’è il rischio che perdano un periodo importante della loro vita qual è l’infanzia, che non torna più.

Com’è l’impatto con il pubblico nei concerti, cosa ti chiedono di cantare più spesso?

Il pubblico mi chiede i classici: “Kiss me Licia”, “Mila e Shiro”, “Occhi di Gatto”, “Pollon”. Questi non devono mai mancare. Poi ci sono i brani come “David Gnomo amico mio”, “Moncicci” che fanno parte un po’ delle prime generazioni. Siccome ci sono persone di tutte le età che mi seguono, dai bambini di oggi che mi ascoltano con “Doraemon” al ragazzo cresciuto negli anni ’80, il repertorio è molto vasto. 

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Tra l’altro  il cartone animato “Mila e Shiro” compie 30 anni…

Si. E’ stato messo sul mio sito un video in cui canto la sigla di “Mila e Shiro” e i ragazzi sono impazziti perché era bellissimo. 

Ora che anche il Festival della Canzone Italiana ti ha celebrato cosa manca ancora alla tua carriera? C’è qualcosa, un’idea, un progetto che magari hai voglia di intraprendere? 

Intanto mi piacerebbe interpretare qualche altro film, telefilm, dedicati ai giovani. Ma anche una fiction perché a me piace moltissimo recitare. Un’altra cosa che vorrei fare è un musical, perché adoro il teatro, sarebbe bello poter mettere in scena una favola cantata. O magari qualche mio cartone animato riadattato per il palcoscenico, in cui si canti e se ne racconti la storia. Sarebbe stupendo. 

Andrea Iannuzzi

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